La rete

“Tesori Blu: viaggio alla scoperta delle eccellenze del mare”

è il titolo del progetto che vede insieme la Città di Mazara del Vallo e Cetara, comune della costiera amalfitana, accomunati dalla vocazione marinara.

Il progetto è finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e prevede la realizzazione di due eventi promozionali in forma di festival del mare con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio ittico costiero ed evidenziarne il contributo sul piano dello sviluppo socio economico dei territori.

Mazara, la capitale della pesca del Mediterraneo

In posizione strategica al centro del Mediterraneo, tra il continente europeo e quello africano, Mazara è sempre stata meta di conquiste. Alla foce del fiume Mazaro, che attraversa la città, sorge il porto canale, su cui ruota l’attività della flotta peschereccia, prima in Italia. La città è sempre stata un crocevia, punto privilegiato di scambi culturali e commerciali. In questo senso, è nella sua storia che sono scritti l’apertura all’altro e la multietnicità, ancora oggi evidenti nella massiccia presenza della comunità tunisina. I numerosi edifici civili e religiosi da ammirare nel centro storico testimoniano le influenze culturali che si sono succedute nella storia cittadina.

La grande svolta nella tecnica di pesca è avvenuta negli anni Venti e Trenta del Novecento, quando i pescatori locali hanno saputo sfruttare le potenzialità offerte dalla motorizzazione delle navi per la pesca a strascico riuscendo così ad aumentare sensibilmente il volume del pescato.

Cetara è la pesca e la pesca è Cetara

A Cetara fin dai tempi antichi si pratica la pesca delle acciughe. Fino all’inizio del XX secolo le alici venivano catturate da una particolare rete chiamata menaida lunga da 300 a 400 metri formata da un solo telo a maglie tutte uguali che consentivano alle alici di piccola taglia di passare, facendo rimanere impigliate solo quelle più grosse. La pesca con questa particolare rete è un esempio molto antico di “pesca sostenibile” in grado di preservare gli esemplari più piccoli e tutelare l’equilibrio dell’ambiente marino.

Negli anni ’20 alla tecnica della menaida si sostituì quella della lampara. La rete costituita da due ali convergenti forma un imbuto verso il “sacco”. Una volta calata la rete, un battello dotato di sorgente luminosa attirava il branco di pesci che veniva così circuito e imprigionato. Nel 1946 un altro cambiamento ha interessato la pesca delle alici. La rete detta “a cianciolo” è dotata nella parte superiore di galleggianti e nella parte inferiore di pesi. Il branco di pesci viene circuito e catturato. A questo punto la rete viene chiusa come un sacco e viene tirata a mano, fino ad affiancare la barca. Infine il pescato viene issato a bordo con grossi retini detti “coppi”. La rarefazione delle alici nel golfo di Salerno ha imposto agli imprenditori della pesca di

Cetara una ulteriore riconversione, orientandoli verso la pesca del tonno. Per alcuni secoli, fino al 1934, i cetaresi si erano già cimentati nella pesca del tonno, ma con la tecnica della rete a posta fissa. Oggi i tonni vengono pescati in tutto il Mediterraneo con grosse imbarcazioni e con l’ausilio di aerei di avvistamento dei branchi di pesci.