A Cetara fin dai tempi antichi si pratica la pesca delle acciughe. Fino all’inizio del XX secolo le alici venivano catturate da una particolare rete chiamata menaida lunga da 300 a 400 metri formata da un solo telo a maglie tutte uguali che consentivano alle alici di piccola taglia di passare, facendo rimanere impigliate solo quelle più grosse. La pesca con questa particolare rete è un esempio molto antico di “pesca sostenibile” in grado di preservare gli esemplari più piccoli e tutelare l’equilibrio dell’ambiente marino.
Negli anni ’20 alla tecnica della menaida si sostituì quella della lampara. La rete costituita da due ali convergenti forma un imbuto verso il “sacco”. Una volta calata la rete, un battello dotato di sorgente luminosa attirava il branco di pesci che veniva così circuito e imprigionato. Nel 1946 un altro cambiamento ha interessato la pesca delle alici. La rete detta “a cianciolo” è dotata nella parte superiore di galleggianti e nella parte inferiore di pesi. Il branco di pesci viene circuito e catturato. A questo punto la rete viene chiusa come un sacco e viene tirata a mano, fino ad affiancare la barca. Infine il pescato viene issato a bordo con grossi retini detti “coppi”. La rarefazione delle alici nel golfo di Salerno ha imposto agli imprenditori della pesca di
Cetara una ulteriore riconversione, orientandoli verso la pesca del tonno. Per alcuni secoli, fino al 1934, i cetaresi si erano già cimentati nella pesca del tonno, ma con la tecnica della rete a posta fissa. Oggi i tonni vengono pescati in tutto il Mediterraneo con grosse imbarcazioni e con l’ausilio di aerei di avvistamento dei branchi di pesci.